Silenziosa



25 Gennaio 2024

Si mise a sedere sulla solita panchina e, come di consueto, tirò subito fuori il pacchetto sgualcito di sigarette. Nonostante l'aria fosse carica di pioggia, con novembre alle porte, si stava abbastanza bene. Il lungomare era quasi deserto. Di tanto in tanto, gli passava davanti qualche irriducibile col passo svelto e gli occhi puntanti sul contapassi al polso. Di fronte a lui, la spiaggia si stendeva luminosa sotto le luci della sera per una ventina di metri. Da lì, un profondo nero si frapponeva tra le coste di Messina e le luci della Calabria. I fanali delle auto sulla statale 114 alle sue spalle, si riflettevano sulla balaustra in ferro davanti a lui, creando strani effetti di luce e di ombre. Tutto era ormai estremamente familiare, compresa la strana sensazione di trovarsi in mezzo a un grande niente. Con uno schiocco di dita gettò via il mozzicone acceso, sperando di riuscire a fare lo stesso con quei certi pensieri. Poco dopo si alzò di scatto e si avviò verso la spiaggia. Lì dove il chiarore della luna e i lampioni accendevano d'argento la sabbia, gli sembrava di passeggiare sulla luna. Qualche metro più avanti, venne inghiottito dall'oscurità.

Le onde quasi sfioravano la punta delle sue scarpe e la brezza autunnale si era fatta pungente. Si accucciò nel colletto del giaccone e accese un'altra sigaretta. Il cielo non aveva nulla di spettacolare quella sera e, tra un sorso e l'altro di whisky dalla sua vecchia fiaschetta, si accontentò di osservare i colori sfocati di una nave da crociera. Fu in quel momento che notò come muoversi qualcosa a una ventina di metri sulla riva. In tutto quel buio, era impossibile capire cosa fosse. Poi udì un suono piuttosto strano, somigliante al pianto sommesso di una donna o di un bambino, ma diverso, insolito. Restò lì immobile per qualche minuto, senza riuscire a scorgere alcunché tra il nero della notte, prima di iniziare a muoversi verso quel suono.

Era accovacciata sulla sabbia, avvolta in una vecchia e sdrucita coperta. I capelli arruffati davanti agli occhi e la posizione curva impedivano al ragazzo di farsi un'idea più chiara. Fece ancora qualche passo verso di lei e, con tono incerto, chiese se era tutto ok. La donna trasalì, come se non lo avesse sentito avvicinarsi e, senza voltarsi, si gettò di scatto le mani davanti al viso, stringendosi ancora di più nelle spalle.

«Hai bisogno di qualcosa? Vuoi che chiami qualcuno?»

Rovistò nella tasca della giacca e si ricordò che, come sempre, aveva lasciato il telefono in auto. La situazione era assai strana, e si sentì turbato. Lanciò un'occhiata verso il lungomare illuminato, come se volesse accertarsi di avere ancora una via di fuga, e poi si mise a sedere a qualche metro da lei. Trascorsero diversi minuti di silenzio, lei nascosta sotto una coperta e lui con lo sguardo rivolto verso il mare.

«Io mi chiamo Luca», azzardò il ragazzo. «Perché piangi?» Sfilò una sigaretta dal pacchetto quasi vuoto e allungò il braccio per offrirgliene una. «Non fumi? Buon per te.», disse con la sigaretta tra i denti e l'accendino davanti al naso. La fiammella illuminò la scena per un attimo e, pur non riuscendo a cogliere nessun dettaglio importante, in qualche modo si rese conto che in effetti c'era qualcosa di molto strano in quella donna. Una sensazione di profonda inquietudine gli serpeggiava nello stomaco.

«Non vuoi dirmi perché sei triste?»

La ragazza sollevò la testa per un secondo, voltandosi subito dall'altra parte.

«Va bene. Come preferisci. Stiamocene in silenzio.»

Ascoltarono insieme il suono delle onde mescolarsi con il tonfo dei sassi che il ragazzo lanciava in acqua e con il ronzio delle auto che viaggiavano sul tratto di strada sopra di loro. Improvvisamente, la ragazza soffiò dal naso. Luca si voltò a guardarla, ma questa volta non disse nulla. Poi un altro soffio e ancora un altro, seguiti da un curioso mugolio. Stava cercando di dire qualcosa?

«Senti un po',» iniziò di nuovo Luca, «non so il tuo nome e qualcosa mi dice che non me lo dirai. Ti chiamerò Silenziosa, se per te va bene.»

Dalla coperta sbucarono piccole dita che sembravano giocare con l'aria fresca della sera, e Luca poté notare una pelle bianca quasi come il latte.

«Dove hai trovato quella coperta? Su una barca? È sudicia e puzza di pesce. Hai freddo?» Si sfilò la giacca e la appoggiò delicatamente sulle spalle di Silenziosa, sperando di scorgerne i lineamenti. Forse gli sarebbe bastato piegarsi ancora un po' in avanti per vederla in viso, ma non gli sembrò la cosa giusta da fare e si rimise a sedere. «Tu non capisci una parola di quello che dico, non è vero?» Ancora una volta, Silenziosa emise quello strano soffio che iniziò a suonare come un dolcissimo capriccio. Luca guardò l'orologio e decise di tentare il tutto per tutto. Le disse che era tardi e che doveva andare.

«Tieni pure la giacca. Se mai ci rivedremo me la restituirai.»

Non fece in tempo ad alzarsi che la coperta iniziò a tremare e la giacca scivolò sulla sabbia. Una serie di soffi, più decisi di prima, poi una strana sequenza di suoni, sembravano ordinargli di rimettersi a sedere. Così fece. Ma questa volta, benché quella sensazione di inquietudine gli rimbalzasse ancora nello stomaco, allungò audacemente un braccio verso di lei e iniziò a scostare lentamente la coperta.

«Lascia che io ti veda.»

Sotto il flebile alone lunare, la pelle perlacea rivelò una specie di zigrinatura che si estendeva su tutta la superficie del corpo. Due giganteschi occhi rotondi brillavano di verde e di rosso nel buio. Le pupille si contraevano e si dilatavano come nei gatti. Le labbra socchiuse lasciavano intravedere una fila inferiore di piccoli denti appuntiti che si sovrapponeva a quella superiore. Ai lati del collo due fessure palpitavano agitatamente.

Il cuore gli scoppiava nel petto. Un insieme di emozioni contrastanti lo colse di sorpresa, facendolo tremare. Ne fu terrorizzato e, strano a dirsi, incredibilmente attratto. Una lunga chioma bruna scivolava ondeggiante sui seni scoperti di Silenziosa che, pur impaurita, si era ormai arresa agli occhi del ragazzo. Continuarono a fissarsi per lunghi attimi, lasciando che il mare respirasse al posto loro. Senza quasi rendersene conto, Luca continuò a far scivolare delicatamente la coperta lungo il corpo sinuoso della donna. All'altezza del bacino, le loro mani si incontrarono. Una piccola e gelida mano palmata si irrigidì ma cedette subito al calore, permettendo a Luca di scoprire altri segreti.
Non due gambe: una lunga coda tessuta con sfumature iridescenti di madreperla e corallo. Squame dalle tonalità cangianti scintillavano come stelle. I bordi sottili si incurvavano dolcemente e a ogni vibrazione seguiva un magico bagliore argenteo lungo i contorni. In quel momento, quasi che tutto fosse già scritto, le nuvole scure si scostarono e la luna si accese sopra di loro. Colti da sensazioni che non avrebbero saputo spiegare, come spinti da una forza misteriosa, si strinsero l'uno all'altra e si baciarono.

- Ti lascerò andare, stupenda creatura. Noi due apparteniamo a mondi diversi. Lascerò dunque che sia la sorte a decidere se un giorno ci rincontreremo oppure no. Custodirò gelosamente il ricordo di questa sera. Abbiamo fatto l'amore sotto le stelle, in riva al mare, così da appartenerci almeno per un po' prima di salutarci. Non è stato come ce lo eravamo immaginati, ma come doveva essere. Nessun colpo di scena, nessuna svolta importante. Solo la breve storia di due sconosciuti che si incontrano per caso e decidono di amarsi per il tempo di una notte. Il mare ne è testimone e nelle calme sere autunnali può capitare che esso sussurri di noi due.

Silenziosa lo fissò intensamente, e anche lei scrutò i segreti di lui. Poi soffiò per l'ultima volta prima di scivolare sulla sabbia e sparire nelle acque fredde e scure di ottobre. Luca si concesse l'ultima sigaretta nel pacchetto e rimase a guardare il mare ancora per qualche minuto.


Autumn Fires - Alan Gogoll

AlanGogoll · Autumn Fires (A Piano Story)